I tumori maligni della tiroide vengono classificati in base alla loro origine tessutale:
- Carcinoma differenziato papillare: è il più frequente (70% circa) di tutti i tumori della tiroide. Interessa l’età giovanile al di sotto dei 40 anni. È meno aggressivo e provoca raramente metastasi a distanza.
- Carcinoma differenziato follicolare: è un tumore più aggressivo del precedente, meno frequente rappresentando il 12-15% di tutte le neoplasie tiroidee. Le metastasi ai linfonodi regionali sono più frequenti e precoci rispetto alle forme papillari. In seguito può metastatizzare nei polmoni con diffusione di tipo miliare e alle ossa. Questo tipo di tumore concentra lo iodio radioattivo. Questa caratteristica consente una cura efficace delle metastasi dopo la rimozione del tumore primitivo mediante la tiroidectomia totale.
- Carcinoma midollare: è una neoplasia che deriva dalle cellule parafollicolari della tiroide che producono calcitonina: colpisce i soggetti al disopra dei 50 anni. Può associarsi ad altri tumori dell’apparato endocrino. È caratterizzato dalla presenza di un nodulo fisso ma non capsulato. Da metastasi ai linfonodi regionali e a distanza. La secrezione della calcitonina favorisce il riconoscimento diagnostico con il suo dosaggio.
- Tumore anaplastico o indifferenziato: è un tumore altamente maligno, rappresenta il 5-10% di tutti i tumori tiroidei. Interessa generalmente le persone anziane. Terapia chirurgica. Nella patologia benigna e maligna della tiroide il tipo di atteggiamento chirurgico negli ultimi anni si è notevolmente modificato.
In relazione ai più moderni criteri di ordine fisiopatologico e oncologico e grazie all’introduzione di nuove tecnologie chirurgiche, si praticano sempre più interventi di totale asportazione della ghiandola, abbandonando gli interventi di asportazione del solo nodulo, lobectomia parziale o subtotale. Questo atteggiamento ha comportato una diminuzione del numero dei reinterventi per recidive neoplastiche benigne e maligne.
La tiroidectomia totale è pertanto divenuta l’opzione chirurgica più praticata anche nel trattamento delle patologie benigne quale il gozzo multinodulare, il morbo di Graves e le tiroiditi.
Le motivazioni dell’opzione per tale tecnica sono ben conosciute: la gestione della terapia ormonale sostitutiva nella tiroidectomia totale risulta più agevole rispetto a quella del paziente con residuo tiroideo, il residuo tiroideo può più facilmente essere sede di una ripresa di malattia iperplastica-nodulare o a degenerazione neoplastica, l’eventuale revisione chirurgica dopo l’insuccesso di una tiroidectomia parziale presenta sicuramente una maggiore incidenza di complicazioni.
Quando rivolgersi al medico
È innanzitutto necessaria una stretta collaborazione interdisciplinare fra specialista endocrinologo, radiologo, internista e chirurgo. Solo grazie ad una fattiva condivisione delle linee guida diagnostiche e terapeutiche si potrà garantire al paziente una diagnosi precoce, una scelta di strategia chirurgica adeguata e un follow-up accurato.
Bisogna rivolgersi al chirurgo esperto in chirurgia della tiroide in caso di:
- comparsa improvvisa e rapido accrescimento di un nodulo o tumefazione del collo;
- rapido aumento di dimensioni di un nodulo tiroideo già identificato in precedenza;
- comparsa di dolore, raucedine e disturbi della deglutizione i soggetti portatori di noduli alla tiroide;
- sospetto ecografico e/o radiologico di patologia nodulare maligne della tiroide;
- in tutti i casi con nodulo tiroideo superiore ai 2cm di diametro;
- nei casi accertati di malignità.